Gay & Bisex
Il prete di campagna - 3
di LuogoCaldo
05.12.2024 |
9.073 |
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"“Padre! Padre! Che ci fa qui?”..."
Non riesco neppure a descrivere in quale stato d’animo recitai la messa di Natale.Per tutta la durata della celebrazione i miei occhi vagarono tra i fedeli alla ricerca del ragazzo che avevo accolto in confessionale pochi minuti prima.
“Era il diavolo in persona che ha provato a sedurmi”. Conclusi turbato dal fatto di non essere riuscito ad individuarlo.
Dopo l'eucarestia provai a ritirarmi nella canonica, indossai una tuta per liberarmi dall’odore dell’incenso e rimasi sopra al letto, nella stanza spoglia, a fissare il biancore delle pareti interrotto solo dal rilievo dei crocefissi.
Pregai. Quanto pregai! Ma il sonno non venne. Il ricordo del giovane peccatore continuava a turbarmi e il cazzo gonfio e le palle pesanti non facevano che amplificare la mia agitazione.
Decisi di uscire all’aria della notte perché il silenzio chiarisse i miei pensieri e il gelo raffreddasse le carni.
M’incamminai dietro la casa parrocchiale in direzione del parco appena rischiarato dalla luce fioca dei lampioni e avanzai con sguardo immobile nel fitto della boscaglia.
Il sentiero lastricato era coperto di neve e, immerso com’ero nel flusso ossessivo delle mie riflessioni, a stento m’accorsi che la pietra cedette il passo al fogliame bagnato.
Poi, d’un tratto, senza riuscire a indovinarne la provenienza, udii distintamente una voce femminile.
“Finalmente!” Disse. “Pensavo che non saresti più venuto”.
Mi fermai di colpo cercando di non fare rumore
“Mi sono dovuto inventare che avevo dimenticato il berretto in chiesa. Avrei fatto qualunque cosa pur di essere qui!” Rispose l'uomo.
Mi nascosi dietro a un albero tendendo l’orecchio per comprendere da dove provenissero i suoni.
“Avevo troppa voglia di questa”. Proseguì lui. “Cristo santo! Ho lasciato moglie e figli a letto per stare insieme a te. Mi faccio schifo ma il richiamo era troppo forte!”.
“Che porco”. Gemette la donna. “Cazzo, si! Toccala piano, così!”.
Spiando oltre la corteccia, prima da un lato e poi dall’altro, finalmente misi a fuoco due sagome che si trovavano a pochi metri da me contro un enorme tronco squarciato da un fulmine.
La sproporzione tra le figure mi fece tornare alla mente le parole delle parrocchiane prima ancora che la donna pronunciasse il nome del suo amante.
“Lo sa tutto il paese, monsignore”. Sussurravano mentre si facevano il segno della croce. “Li hanno visti sotto la grande quercia. La svergognata con la gonnella sollevata e lui preso dal diavolo che la spingeva contro l’albero … Che vergogna … Povera moglie e poveri figli …”.
Poi lei parlò di nuovo. “Ti prego Federico, non ti fermare … Sto impazzendo”.
Federico Giusto, il professore di matematica, e Maria, la giovane contralto del coro della chiesa, erano proprio lì, davanti a me, e il loro amplesso parve ai miei occhi come l’intreccio di due rami vivi di quel legno morto.
La fanciulla, sostenuta dal marcantonio, dava la schiena al tronco con la gonna arrotolata fino all’inguine, la camicia aperta e i grossi seni esibiti fuori dai ferri del reggipetto.
Intrecciava le gambe attorno al bacino di lui che era nudo dalla vita alle caviglie e la sovrastava con tutta la sua mole. “Ah … Si, è enorme, cazzo! Enorme”.
Il ragazzone, piantato sulle cosce robuste come colonne d’acciaio, assestava poderosi colpi di reni e ad ogni spinta il corpo esile di lei sobbalzava contro il legno della quercia.
La foga animale del professore e il respiro affaticato dal lavorio dei lombi incendiarono il mio ventre e, senza distogliere lo sguardo dallo spettacolo di quel corpo poderoso che si avventava sulla figura esile della corista, cominciai a toccarmi il pacco attraverso la stoffa dei calzoni.
“Quante te ne scopi così?” Lo incitava la troia. “Più forte, vai, più forte!”
Pensai a quanto spesso, nella solitudine della stanza, impegnato in masturbazioni solitarie, avevo desiderato che qualcuno sussurrasse quelle parole infuocate alle mie orecchie.
“Solo te, puttana, solo te!” La blandiva il professore. E intanto accostava le labbra ai capezzoli turgidi. “Che poppe che hai … Ti metto incinta stanotte!”.
Il volto pallido di Maria era rischiarato dalla luce fioca della luna e un sorriso estatico tradiva l’intensità del piacere che l’uomo le stava procurando.
“Oddio … Sono un lago. Ti prego, esplodimi dentro”. Incalzò ansimando. “Non ti credo però, tua moglie non te la chiavi così …!”
Lui continuò a succhiarle i seni con foga, come se volesse berne l’essenza.
“Avanti, rispondimi! Mi bagno da morire quando penso che hai una famiglia e che la notte esci di casa perché hai bisogno della mia figa”.
“Ti ecciti perché sei una troia del cazzo, lo sai?” Commentò lui ridendo e aumentò il ritmo delle spinte.
ll mio desiderio si fece insopportabile. Abbassai l’elastico della tuta, lasciando che l'erezione emergesse nella notte gelida.
“E a lavoro?”. Proseguì lei.
“Ma che t’importa? Non ti basta, a te, ‘sto cazzone? Mettimi le braccia attorno al collo, dai, che te lo faccio sentire bene!” E dopo che la corista ebbe intrecciato i polsi dietro alla sua nuca, Federico prese a scoparla come un disperato.
Gli affondi erano potenti e calibrati ed ogni colpo sembrava assestato con l’intenzione precisa di sfinire la donna.
Sopraffatto dall’impulso afferrai il sesso con ambo le mani e presi a masturbarmi così freneticamente che dovetti flettere le ginocchia per non perdere l’equilibrio
“Ahhhh, si! Si!” Urlava la donna, mentre il toro le sbatteva il grosso bacino contro il ventre. “ Mi stai sfondando, cristo! Ti prego, non ti fermare. Non ti fermare! Aaaah … Aaaaah”.
“Prendila tutta ‘sta bestia, mignotta”. Mugolava il professore. “Quanto ti piace il pesce eh? Non ho mai scopato una vacca come te, lo sai? Solo i froci ti superano, puttana!”
L'osservazione non passò inosservata.
“Questo si scoperebbe qualunque cosa respiri". Pensai. "Il ragazzo ha raccontato la verità!”.
Era venuto in sagrestia poco prima della messa di Natale e aveva fatto la sua confessione.
“È dall’inizio dell’anno che faccio finta di non vedere che ti comporti come una troia in classe.” Gli aveva detto il professore nel bagno della scuola. “Adesso è il mio turno!” E gli aveva sfondato il culo.
Feci cadere un copioso fiotto di saliva nel palmo della mano e continuai a lucidare l’asta concentrandomi sul glande turgido e gonfio.
“Perché pure quelli ti trombi?” Chiese Maria allargando le cosce il più possibile per accogliere tutta la virilità del suo compagno.
“Chi?”
“I froci, non fare finta di non capire porco!”
Lui mantenne il silenzio continuando a sfondare.
“Allora? Fai il culo a qualche ragazzetto, professore?”
“Ma che dici?” Sbottò Federico senza riuscire a mascherare l’eccitazione.
“Sei in imbarazzo!” Lo provocò la corista mentre si sfilava dall’amplesso e, voltandosi verso il tronco, gli esibiva lo spettacolo delle natiche spalancate. “Allora!” Disse. “Hai già messo le mani su qualcuno o ancora muori dalla voglia di incularti uno dei tuoi allievi?”
Ebbi l’impulso di avvicinarmi a quella donna così spudoratamente offerta e di montarla come un toro monterebbe una giumenta.
Per molto tempo, di notte, durante gli anni del seminario, il fantasma della compagna di mio padre era venuto a trovarmi e, dispostosi in quella stessa posizione oscena, era stato oggetto d'atti e parole di violenta umiliazione.
Anche Federico guardava la corista con gli occhi fuori dalle orbite e, avvicinando le dita al sedere esposto, continuò ad accarezzarsi il cazzo teso sopra alle cosce massicce e a toccarsi le palle pesanti gonfie di seme e passione.
La vista di quel culo bianco offerto alla furia dello stallone risvegliò in me un impulso violento.
Accelerai il ritmo della masturbazione e, in preda ad una vertigine di desiderio, posai la schiena contro l’albero, tesi le cosce per mantenere stabilità e attesi l’esplosione che m’avrebbe liberato da quel pomeriggio di tensione.
“Finalmente”. Pensai mentre, con gli occhi chiusi, mi godevo la piena di sperma dentro ai coglioni ed ero quasi sul punto di schizzare quando, improvvisamente, mi sentii chiamare da una voce fioca e appena sussurrata.
“Padre! Padre! Che ci fa qui?”.
“Mi hanno visto!”. Mi dissi e spalancai gli occhi come se m’avessero strappato da un sonno profondo. Il cazzo duro ancora saldo tra le mani.
“Avanti, inculami animale! Inculami!”. Gridava Maria.
“Ho avuto una allucinazione?” Mi chiesi. “È il demonio che mi cerca o il Signore che mi ammonisce?”.
Gli amanti erano presi l’uno dall’altro e non sembravano essersi avveduti della mia presenza.
“Padre! Padre … Qua!” Disse nuovamente la voce.
Mi guardai intorno certo che qualche spirito maligno si stesse facendo beffe di me. “Sto impazzendo ... Non è possibile che una voce così reale provenga dall’aldilà!"
“Non mi provocare che te lo rompo troia! Te ne torni a casa strisciando stanotte”. Stava dicendo il professore.
Conclusi che dovevo essermi immaginato tutto e che era meglio tornarmene alla mia sega quando un giovane volto sbucò dal mucchio di fogliame accanto all’albero vicino.
“Non abbia paura, padre, e non faccia rumore!” Disse il piccolo fauno che avevo accolto in confessionale poche ore prima.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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